Dopo la scelta del patteggiamento per corruzione la parola d’ordine è “minimizzare”
L'incidente è avvenuto tra Suez e Il Cairo, secondo i media locali
Dagli «sdentati», espressione con cui l'ex presidente socialista François Hollande chiamava i francesi delle classi meno abbienti, agli «obesi» che «puzzano di alcol fin dalla mattina», gli abitanti della Francia profonda, delle campagne lontane da Parigi, secondo le parole di Jean-Luc Mélenchon. François Ruffin, ex deputato della France insoumise (Lfi) oggi nel gruppo ecologista, ha deciso di raccontare a tutti chi è veramente Mélenchon, líder maximo dell'ultragauche e capofila del Nuovo fronte popolare, l'alleanza delle sinistre con il più alto numero di deputati all'Assemblea nazionale. Lo ha fatto in un libro Itinéraire: Ma France en entier, pas à moitié, appena pubblicato dalle edizioni Les Liens qui libèrent, dal quale emerge tutto il disprezzo di Mélenchon verso le classi popolari, verso quell'elettorato che oggi, infatti, gli sta voltando le spalle, a favore del Rassemblement national (Rn) di Marine Le Pen e Jordan Bardella. È proprio Henin-Beaumont, feudo di Rn dal 2014 dopo annidi dominio della gauche, a essere protagonista del capitolo più intrigante del libro. «Quando mi raccontava di Henin, era al limite del disgusto: “Non si capiva nulla di quello che dicevano”, “Puzzavano di alcol fin dalla mattina”, “Erano maleodoranti...”, “Quasi tutti obesi”», racconta Ruffin, citando il resoconto di Mélenchon, candidato alle legislative del 2012, di ritorno da un sopralluogo a Henin-Beaumont. Il ritratto del guru della France insoumise che emerge dal libro è spietato. Ruffin denuncia, in particolare, la deriva di Mélenchon verso il comunitarismo, accusandolo di concentrarsi esclusivamente sul voto delle minoranze e delle banlieue multietniche e di aver abbandonato definitivamente gli operai, i “petits français” delle zone rurali, a beneficio del Rassemblement national. Per Mélenchon, cercare di riconquistare il voto popolare nelle campagne e nelle città di piccole e medie dimensioni è una perdita di tempo. «Ci è voluto mezzo secolo per denazificare la Germania...», avrebbe detto il leader della sinistra radicale al suo ormai ex scudiero. Ruffin ha rivelato anche l'imbarazzo di aver fatto campagna in base all'origine etnica su ordine di Mélenchon. Nella sua circoscrizione elettorale, è stato costretto a distribuire volantini con la foto di Mélenchon solo agli elettori neri e arabi dei quartieri residenziali di Amiens-Nord, per i quali il leader goscista è un “pigliatutto”, escludendo gli elettori bianchi, che lo vedono come uno spaventapasseri. Più in generale Ruffin, nato a Calais ed ex allievo del liceo La Providence di Amiens frequentato anche da Emmanuel Macron, critica una «sinistra che ha rinunciato» alle sue battaglie storiche e ha deciso di abbandonare al suo destino una parte della popolazione, sempre più sedotta dal discorso lepenista. «Sono sempre stato un elettrone libero, e oggi più che mai. È stata questa libertà a rendere possibile, il 9 giugno, il lancio del “Front populaire” (Ruffin è stato uno dei principali iniziatori del Nuovo fronte popolare, ndr), due parole che risuonano in milioni di francesi. Ho sempre detto: il mio Paese è la Francia, la mia famiglia è la sinistra. Negli ultimi due anni, la vita all'interno del gruppo Lfi era diventata insopportabile. La tensione tra le mie convinzioni e le dichiarazioni pubbliche dei suoi leader non era più sostenibile», dice oggi Ruffin per giustificare la sua rottura con la France insoumise. Un partito in balìa di un solo uomo, Jean-Luc Mélenchon, «un partito dove regna la paura, dove non c'è spazio per il dibattito», secondo le parole di Ruffin. Fondatore della rivista militante Fakir e autore di diversi documentari (nel suo documentario più famoso, Merci Patron!, uscito nel 2016, prese di mira Bernard Arnault, patron di Lvmh, ndr), Ruffin vuole essere il portavoce della Francia dei “borghi” e dei “palazzoni” delle periferie, a differenza di Mélenchon che divide la Francia in «segmenti su base spaziale, le metropoli e i quartieri, e su base quasi razziale, poiché il 25% dei francesi ha un nonno immigrato». L'ex deputato della France insoumise, che spera di convincere altri membri del partito a denunciare i metodi autoritari di Mélenchon, vuole moltiplicare i “ponti” e non incoraggiare la creazione di “muri nella società”, l'attuale strategia di Lfi. La requisitoria di Ruffin ha suscitato l'indignazione dei giannizzeri di Mélenchon. «Non è un compagno», ha tuonato il deputato Lfi Aurélien Saintoul, mentre il suo collega, Paul Vannier, lo accusato di essere «l'archetipo del politicante». Dopo il regolamento di conti del Partito socialista, con la sindaca di Parigi Anne Hidalgo che ha accusato la sua famiglia di aver consegnato le chiavi alla destra mettendo il veto sul nome di Bernard Cazeneuve a Matignon, è scoppiata la guerra anche nella France insoumise.
Secondo un collaboratore del Primo ministro israeliano non sono stati fissati ancora i tempi per il trasferimento di alcune truppe da Gaza al fronte Nord
Incidente stradale in Egitto, tra Suez e il Cairo: nove cittadini italiani risultano tra le 46 persone rimaste ferite in uno scontro su un autobus sull'autostrada tra le due città. Lo...
Dopo la Toscana anche la Corte dei Conti della Campania esprime dubbi sulla costituzionalità dei mancati adeguamenti all’inflazione
La rabbia del leader leghista, che lancia un appello ai suoi: “Tutti a Palermo il 18 ottobre”. Intanto prepara Pontida con Orban. La telefonata di Meloni
Per ordine del Prefetto, ci sarà una vigilanza dell’esercito lungo il perimetro dell’ospedale. Ma dai reparti chiedono risorse e investimenti sulla medicina territoriale. Il manager: “E’ anche problema culturale, ma si fanno le commissioni d’inchiesta sui medici”
Reportage da Vienna, dove il capo della Fpö – più a destra di Heider – è primo nei sondaggi in vista del voto del 29 settembre. Gli altri partiti puntano a estrometterlo con una coalizione, ma i numeri non sono certi. Il capo del Congresso ebraico: “Se diventa cancelliere, ce ne andremo”
Tensione nel governo dopo le parole del ministro a Cantone sulle talpe tra gli 007
Aumentato il vantaggio. Le fan della popstar Taylor Swift aiutano a registrarsi per
Anno nuovo, vita vecchia. Corrado Formigli riparte dopo la pausa estiva col suo programma su La7, Piazza Pulita, ma senza rinunciare al suo core business: la caccia contro un incorporeo fascismo. Nonostante i molti ganci d'attualità, dal caso Sangiuliano alla campagna elettorale statunitense, il conduttore non rinuncia a dedicare un intero blocco, il terzo, alle oscure trame nere intorno a Fratelli d'Italia. Essendo stato il principale spin doctor dell'inchiesta di Fanpage sulla cosiddetta “gioventù meloniana”, che è montata proprio grazie al ticket tra lui e il direttore del magazine online Francesco Cancellato presente in studio (piccolo suggerimento, a futura memoria, per gli ospiti: abbiano la prontezza di chiedergli conto dello scoop, vero, diLibero, sui suoi giornalisti sottopagati), se Formigli promette di avere interessanti rivelazioni sui rapporti tra Fdi e il mondo dell'eversione nera, più di qualcuno tende a credergli e ad accettare di restare sveglio fino alla fine della puntata per godersi qualche nuovo capolavoro di spionaggio giornalistico di Fanpage. Invece, nulla. La trasmissione sceglie di ruotare intorno ad un presunto caso vecchio di un mese: i finanziamenti elargiti dalla Fondazione An. Siccome all'epoca erano tutti a mollo a Ponza, i reporter di Piazza Pulita sono stati costretti a muoversi a scoppio ritardato ma senza portare in dote alcun elemento di novità. Le due bisettrici accusatorie sono sempre quelle che sollevarono ai tempi Repubblica e il Domani: da una parte i 30mila euro versati dalla Fondazione per l'acquisto della sede di via Acca Larenzia; dall'altra i fondi bonificati nel 2021 a delle associazioni legate a Forza Nuova. Il primo binario nasce e muore già il 26 agosto, quando Libero, con l'intervista al presidente della Fondazione An Giuseppe Valentino, aveva messo in chiaro la situazione. Ecco un breve recap: la Fondazione An, che erroneamente viene identificata dai media come la “cassaforte di Fdi”, gestisce un patrimonio milionario eredità del Movimento Sociale che viene amministrato da esponenti di tutte le anime della destra parlamentare. Non solo di Fdi. E che votano all'unanimità. Quindi non è che il premier Giorgia Meloni o chi per lei possa andare in banca e prelevare i cento euro per pagarsi la spesa. La storica sede dell'Msi dell'Appio Latino, invece, dove il 7 gennaio 1978 morirono tre giovanissimi esponenti del Fronte della Gioventù a seguito del blitz di un commando di terroristi rossi, è gestita da un'omonima associazione vicina a CasaPound. Essendo quel luogo un «patrimonio morale» di tutta la destra, come spiegato da Valentino, tutta la destra ha contribuito per versare i 68mila euro necessari per evitare che il proprietario dell'immobile, l'Inail, lo mettesse all'asta. E la Fondazione, che ha coperto i 30mila euro che mancavano per completare la raccolta fondi organizzata tra militanti, anche della destra radicale, li ha versati direttamente al'Istituto. Quindi, tecnicamente, la Fondazione (che comunque non è il partito) ha versato fondi ad un ente pubblico, non li ha messi nelle tasche di qualche esercito di miliziani tagliagole al servizio del premier. Fine. Il secondo filone, quello che porta a Forza Nuova, è ancor più tragicomico e venne anch'esso raccontato da Valentino su queste colonne. I militanti del movimento di Roberto Fiore (disclaimer: oltre a non avere legami politici con Fdi, i movimenti della destra extraparlamentare non sono in grandi rapporti nemmeno tra loro, pertanto qualunque ricostruzione che vorrebbe far passare tutto come un unico calderone nero è davvero stracciona) occuparono lo stabile di via Paisiello a Roma da quando cessò di esistere il Giornale d'Italia diretto da Francesco Storace. La Fondazione ha dovuto intraprendere una battaglia, sia legale che “persuasiva”, durata anni per riprendere possesso dello stabile e, al termine di una trattativa bonaria, avrebbe versato circa 34mila euro ad associazioni legate a Fiore, non per sostenerne l'attività ma per prenderne definitivamente le distanze. Tutto l'opposto di quanto i media di sinistra vorrebbero lasciar intendere. L'unico elemento di novità, se possibile ancor più tendenzioso, proposto durante la puntata, sarebbe un presunto filo diretto tra quei soldi versati nell'estate 2021 dalla Fondazione An (repetita iuvant: non da Fratelli d'Italia) e l'assalto alla Cgil condotto con alla testa esponenti di Forza Nuova e lo stesso Fiore ad ottobre dello stesso anno. Come a dire che, senza quei 30mila euro, il blitz, tre mesi dopo, non ci sarebbe mai stato. Peccato che, oltre alla cifra esigua e alle tempistiche non certo sovrapponibili, sono allusioni montate dagli stessi giornalisti che negli anni hanno vergato lunghe inchieste dedicate agli affari di Fiore e di Forza Nuova. E a sentir loro erano milionari. È ormai evidente allora che questo fetish della sinistra per le croci celtiche, i saluti romani e le trame nere senza riscontri reali non porti voti (lo dimostra il volto stralunato di Elly Schlein davanti ai sondaggi proprio a Piazza Pulita) e non traini ascolti (la serata di giovedì l'ha vinta Del Debbio: 7,4% di share contro il 6,8% di Formigli). Quelle montate coi motivetti da film di mafia, le microcamere nelle tasche degli inviati e i tavolini pieni di foto segnaletiche in True Detective, sono solo belle storie rovinate dalla verità.
USA 10-6 Europe Home side need four and a half points to win Solheim Cup On a Saturday evening at Medinah in 2012, Europe’s male golfers discovered their pulse. A seemingly unassailable 10-4 deficit became 10-6 by close of play. Everyone knows what happened next, as Europe turned the tables on an epic Sunday against the US. For Sergio García, Luke Donald, Ian Poulter and Rory McIlroy, read Carlota Ciganda, Emily Pedersen, Charley Hull and Georgia Hall. Victories for two European fourball pairings has provided faint hope of retaining the Solheim Cup in Virginia. The US need four and a half singles points for victory. The ghost of Medinah means Stacy Lewis and her home team will not be celebrating quite yet. Continue reading...
Ease into autumn with the season’s most versatile colour. Here are five ways to make the most of the shade Continue reading...
Luigi Nono e Giuliano Scabia si conobbero sulla scalinata del Teatro La Fenice di Venezia, la sera del 13 aprile 1961. Era appena terminata la tempestosa rappresentazione del primo lavoro […] The post Nono e Scabia, quella discesa negli altiforni Italsider per un diario operaio first appeared on il manifesto.
Vi proponiamo "Tele...raccomando", la rubrica di Klaus Davi dedicata al piccolo schermo CHI SALE (X Factor) Buona partenza per X Factor, lo storico format musicale in onda su Sky Uno e prodotto da Fremantle, giunto alla sua diciottesima edizione. I dati relativi agli ascolti della prima puntata sono positivi: 3.6% di share medio con punte vicine al 4.5%. Giovedì sera davanti alla tv c'erano tantissimi giovani, com'è normale che sia se consideriamo il profilo della rete e il target. Al di là del dato numerico, la credibilità nell'ambiente degli addetti ai lavori per questo format sembra non subire battute d'arresto. Tra gli artisti lanciati negli anni spiccano Marco Mengoni, Francesca Michielin e naturalmente i Måneskin, arrivati secondi nel 2017. Determinante per individuare nuovi talenti è la giuria quest'anno radicalmente rinnovata: è rimasto incrollabile Manuel Agnelli, affiancato da debuttanti di peso come Achille Lauro, Paola Iezzi e Jake La Furia che almeno fin qui sembrano ottenere l'apprezzamento fondamentale del pubblico social. Presto per dire se fra i concorrenti si annidino gli eredi di Damiano David. Ha colpito giovedi sera la standing ovation del pubblico per il giovanissimo Lorenzo che ha cantato Poetica di Cremonini e per la timida Daniela che si è esibita con Creep dei Radiohead. Non facile ripescare una ugola di successo internazionale come Mengoni, ma sicuramente il fiuto di Giorgia, scelta come conduttrice, potrebbe riservare sorprese.
Il monologo-rampogna di Paolo Del Debbio? C'è (su Moussa Sangare). L'intervista al fulmicotone? Pure, così come le testimonianza choc tra il pubblico (lo studente aggredito da una gang appena sceso alla Stazione centrale di Milano). Dritto e rovescio, il talk del giovedì sera di Rete 4, riparte a botta sicura: da un format, cioè, riconoscibilissimo e perfettamente funzionante. Non c'è bisogno di cambiare alcunché, dunque, almeno per il momento. Si comincia con l'ospite d'eccezione, Ignazio La Russa, che prima picchia duro su Elly Schlein e poi battezza Ilaria Salis alla sua maniera. «Io non faccio mai dichiarazioni contro una persona, ma non posso esimermi dal dire che non si può avere una doppia morale», nota il presidente del Senato a proposito della segreteria del Pd e il caso Boccia-Sangiuliano. «Su Soumahoro, per esempio, non ho visto questa attenzione e se vogliamo andare indietro sui soldi nel canile di una parlamentare, non ho visto la stessa attenzione (il riferimento è alla senatrice dem Monica Cirinnà, ndr). Potrei andare avanti, così come sulle parentele, quello è il cognato di quello e di quell'altro...allora un giorno qualcuno farà un elenco di quelli che fanno politica insieme al marito o insieme alla moglie, al fratello o al cugino e vedrete che ce n'è molti di più in Parlamento, nelle istituzioni e anche in Rai di quelli che ce n'è nel centrodestra». «Depenalizzare il carcere per i minorenni? Una idea strampalata. Io sono avvocato, ho fatto il penalista, ho una vis difensiva molto spiccata... Tuttavia eliminare il carcere per i minorenni è una di quelle ipotesi che solo Ilaria Salis, con tutto il rispetto, può avanzare». E da Palazzo Madama tanti cordiali saluti alla europarlamentare di Bonelli e Fratoianni.
Il riconoscimento dell’importanza del ruolo di Franco Fortini nella letteratura e nella cultura italiana del Novecento procede sicuramente dalle ricerche condotte dagli studiosi nelle sedi opportune e dalla pubblicazione e […] The post Fortini, dialogo fecondo fra stile e storia, poesia e pensiero first appeared on il manifesto.
Nel passare in rassegna gli scatti noti dell’ultimo domicilio newyorkese abitato da Joan Crawford – l’appartamento di cinque vani ai piani alti dell’Imperial House, un grattacielo sulla 69a strada, nell’Upper […] The post Ingres-Delacroix, confronto di self-fashioning first appeared on il manifesto.
La «mostra diffusa» è una tradizione molto italiana: partire alla ricerca di installazioni di arte contemporanea in borghi arroccati e campagne remote è un modo per scoprire opere e artisti, […] The post Monferrato, mostra diffusa civil conversazione first appeared on il manifesto.
È un segnale d’allarme per tutta la strategia del Viminale quello arrivato ieri dal tribunale di Catania. I giudici etnei, che nello scorso autunno furono attaccati dal governo per le […] The post «L’Egitto non è un paese sicuro». E il richiedente asilo torna libero first appeared on il manifesto.
Per gli oltre tre anni del dibattimento Salvini-Open Arms l’avvocato Michele Calantropo, che difende l’Arci Sicilia costituitasi parte civile, ha dato battaglia nelle aule del tribunale di Palermo: «Le normative […] The post L’avvocato Calantropo: «La tesi del processo politico già smentita dal tribunale dei ministri» first appeared on il manifesto.
L'Arena di Verona si riempie di musica. Anche quest'anno Carlo Conti e Vanessa Incontrada presentano i Tim Music Awards che, arrivati alla diciannovesima edizione, premiano la musica...
Nel suo nuovo film, L'ultima domenica di settembre dell'esordiente Gianni De Blasi, Diego Abatantuono è un vecchio scrittore in declino, da poco vedovo, che nella prima scena cerca di...
È il lento mutare dello sguardo sul giardino di cui è stato apprendista e poi artefice lungo l’intero corso della sua vita quello che Herbert Pinnegar – ottantenne capo giardiniere […] The post Le stagioni di Pinnegar, vecchia gramigna first appeared on il manifesto.