Rassegna Stampa Quotidiani
Il Foglio.it
Giorgia Meloni arriva all'Eliseo per il vertice dei volenterosi sulla pace in Ucraina
2 ore fa | Gio 27 Mar 2025 11:19

E' iniziato il vertice dei volenterosi a Parigi convocato da Emmanuel Macron. Sono presenti 31 paesi, compresa l'Ucraina, con il presidente Volodymyr Zelensky. Dell'Unione europea ci sono i leader di 23 stati membri, tra cui la premier Giorgia Meloni. Sono assenti Ungheria, Slovacchia, Malta e Austria, gli ultimi due non membri della Nato e storicamente neutrali. Presenti anche i leader di tre paesi non-Ue: Norvegia, Islanda e Regno Unito, così come i presidenti di Consiglio europeo e Commissione europea, Antonio Costa e Ursula von der Leyen, e il Segretario della Nato, Mark Rutte. L'obiettivo del summit è discutere sulla prosecuzione degli aiuti militari e finanziari all'Ucraina, di un cessate il fuoco effettivo, della preparazione della fase successiva alla tregua e del dispiegamento di una presenza anche europea lontana dal fronte con la Russia. La riunione di oggi rappresenta il tentativo europeo di inserirsi nel negoziato in corso tra Stati Uniti e Russia, in cui l'Europa è fin ora rimasta esclusa, nella parallela triangolazione con l'Ucraina.     Le volontà del governo italiano sono già note. La premier Meloni ha chiarito che l'Italia sarà contro l'invio di truppe italiane in Ucraina e favorevole al monitoraggio del cessate il fuoco nel quadro delle missioni Onu. Tra gli obiettivi italiani: mantenere il contesto euroatlantico sulle garanzie di sicurezza per l'Ucraina e conseguentemente per il continente e usare la leva delle condizioni dell'articolo 5 del trattato Nato, che vincola i partner al sostegno reciproco in caso di attacco militare.      La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, arrivata all'Eliseo, è stata accolta  dal capo dello stato francese, Emmanuel Macron. I due si sono stretti la mano e la premier si è avviata all'interno del palazzo. Ha poi avuto un breve colloquio con la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e uno scambio di battute con la premier danese Matte Frederiksen.      La premier Meloni, in vista del vertice di Parigi su una possibile pace tra Zelensky e Putin, ha dovuto fronteggiare un altro conflitto. Quello interno tra i due vice premier,  il ministro degli esteri, Antonio Tajani, nonché leader di Forza Italia, e Matteo Salvini, ministro delle Infrastrutture e capo della Lega. Negli ultimi giorni i due hanno alimentato alcune polemiche scaturite dalla telefonata di Salvini al vicepresidente americano J.D Vance. L'incontro per mettere fine a queste discussioni si è tenuto ieri a Palazzo Chigi ed è servito anche a trovare una linea comune di governo per rappresentare la posizione dell'Italia oggi all'Eliseo.

Perché un giudice a Tokyo ha ordinato lo scioglimento del culto di Moon
3 ore fa | Gio 27 Mar 2025 10:12

Ieri la Corte distrettuale di Tokyo, presieduta dal giudice Kenya Suzuki, ha emesso una dettagliata sentenza di 116 pagine che ordina lo scioglimento della World Peace Unification Family, e cioè il... Contenuto a pagamento - Accedi al sito per abbonarti

Cerasa: "É complicato prendere Trump sul serio, ma bisogna farsi trovare preparati”
4 ore fa | Gio 27 Mar 2025 09:35

“Bisognerebbe imparare a prendere Trump sul serio. A volte è complicato perché le sue sparate sembrano così roboanti ed eccessive da sembrare delle tattiche negoziali, ma bisogna farsi trovare preparati”. Lo ha detto Claudio Cerasa, direttore del Foglio, intervistato a NonstopNews su Rtl 102.5.   La leva dei dazi viene infatti utilizzata dal presidente americano per ottenere qualcosa in cambio: “Dall'Europa ad esempio vuole regole meno rigide sui giganti della tecnologia, vuole avere la possibilità di riequilibrare il surplus commerciale”. Ma oltre alla chiave negoziale c'è di più: “Trump ama i dazi, li considera una cosa giusta, si identifica in quella strategia”. Nonostante una simile ideologia gli porti non poche difficoltà economiche: “Ogni volta che Trump va avanti con i dazi, le borse in America vanno molto male”.

Boualem Sansal condannato a cinque anni di carcere
4 ore fa | Gio 27 Mar 2025 09:34

Il romanziere algerino Boualem Sansal, critico del regime e degli islamisti, è stato condannato a cinque anni di carcere. Il verdetto arriva una settimana dopo il processo durato venti minuti al celebre scrittore. Il pubblico ministero aveva chiesto dieci anni di carcere. Autore del romanzo distopico “2084”, Sansal è stato riconosciuto colpevole di aver minato l'unità nazionale (decaduta l’accusa di spionaggio). Di fronte alle accuse, lo scrittore si è difeso. “Le mie parole e i miei scritti erano semplicemente un'opinione personale, ne ho diritto come qualsiasi cittadino algerino” ha detto Sansal. Cresce ora la preoccupazione attorno a quest'uomo di 80 anni, malato di cancro, arrestato il 16 novembre scorso mentre usciva dall'aeroporto di Algeri. "L'idea che circola ad Algeri è quella di condannare rapidamente Sansal per aprire la strada alla grazia presidenziale”, dice al Point un avvocato di Algeri. In questo caso, né l'accusa né Sansal dovrebbero presentare ricorso. “Non posso prevedere nulla”, aveva dichiarato a febbraio il presidente Abdelmadjid Tebboune al quotidiano L'Opinion, quando gli era stato chiesto di una possibile grazia. Il ministro degli Esteri francese, Jean-Noël Barrot, potrebbe recarsi ad Algeri a metà aprile per cercare di rilanciare le relazioni bilaterali deteriorate. La liberazione di Sansal potrebbe essere parte di uno scambio diplomatico. Altrimenti, cinque anni di carcere equivarrebbero per il romanziere alla condanna a morte.    Per approfondire

I giornalisti della stampa estera al Foglio per conoscere il Foglio AI
4 ore fa | Gio 27 Mar 2025 09:04

Il Foglio AI continua a destare interesse, soprattutto nella stampa internazionale. Molti giornali hanno già raccontato l'esperimento del Foglio e ieri una quarantina di giornalisti hanno fatto visita alla nostra redazione per incontrare il direttore Claudio Cerasa e scoprire la rivoluzione del Foglio AI.

Meloni scavalca Prodi, il suo governo è il quinto più lungo della storia. E resuscita il premierato: "Fondamentale"
4 ore fa | Gio 27 Mar 2025 08:57

“Il governo è entrato oggi nella lista dei cinque esecutivi più duraturi della storia”. Lo afferma la presidente del Consiglio Giorgia Meloni in un video su X, dove ha ringraziato “i tanti cittadini che continuano a sostenere il governo" e ribadito come la maggioranza sia ancora coesa. In 79 anni di storia repubblicana, il governo Meloni è al quinto posto per durata: 887 giorni oggi, uno in più rispetto all'esecutivo guidato da Romano Prodi dal 1996 al 1998.              “Abbiamo risalito 63 posizioni in circa 127 settimane di governo”, ha aggiunto la premier. Alle sue spalle, sui muri della sala di Palazzo Chigi ci sono le foto di tutti i presidenti del Consiglio: “Nessuno è arrivato alla fine della legislatura con lo stesso governo. In Italia i governi si sono succeduti senza la possibilità di poter portare avanti una strategia definita e concreta. E l'Italia lo ha pagato”.  Tanta l'importanza di un esecutivo stabile da consentirle di rispolverare la riforma del premierato. Misura su cui la premier e l'intera maggioranza non si esprimevano da tempo. "È fondamentale per l'Italia: restituisce ai cittadini il pieno potere di scegliere da chi vogliono essere governati e garantisce che chi viene scelto abbia il tempo necessario per realizzare il mandato che ha ricevuto”, sottolinea Meloni. Questa volta non la definisce la “madre di tutte le riforme”, come fatto più volte in precedenza, bensì  una riforma “che stiamo facendo per i governi che verranno, perché un'Italia più solida ha bisogno di istituzioni stabili e di governi che possano lavorare con il tempo e la forza necessaria a dare risposte concrete alla nazione".

La mozione M5s contro il riarmo che imbarazza il Pd
5 ore fa | Gio 27 Mar 2025 08:56

Dal quartiere generale di via di Campo Marzio, il M5s assicura che non è una mossa contro il Pd. E però la mozione contro ReArmEurope, annunciata da Giuseppe Conte e depositata alla Camera e al Senato, finisce inevitabilmente per chiamare in causa i dem e le loro ambiguità, mai davvero chiarite, quando si parla di pace e di difesa. I grillini vanno dritti per la loro strada, chiedono che sia il Parlamento a esprimersi sul piano europeo proposto dalla presidente del Consiglio europeo. Fatto in realtà già accaduto, quando si è votato sulle risoluzioni dopo le comunicazioni della premier Giorgia Meloni prima dell'ultimo Consiglio europeo. Ma la mossa tira la volata alla manifestazione del 5 aprile a Roma organizzata dal M5s, che avrà al centro proprio il no alle armi e la pace. "Non possono portarci a un'economia guerra senza voto cittadini", ha detto il leader Giuseppe Conte.  "In queste ore la Commissione europea ha anche varato un piano per allarmare i cittadini. Ci chiedono riempire le nostre case con scorte alimentari, ma i cittadini non riescono neanche a riempire il carrello della spesa. Ci chiedono di fare scorta di farmaci, ma i cittadini non possono comprare farmaci. Vogliamo un'Europa sociale, contro il caro vita che tuteli famiglie e imprese". Il M5s spera forse di evidenziare anche le divergenze che esistono nella maggioranza, con la Lega di Matteo Salvini nettamente contraria a ReArm Europe. Ma la ricaduta immediata riguarda le opposizioni e in particolare un Pd costretto al solito imbarazzo quando si parla si armi e difesa. E infatti: "Conte vuole metterci in difficoltà", era la convinzione che ieri i parlamentari dem lasciavano trapelare.  Al Nazareno, è noto, convivono varie sensibilità. Prima del Consiglio europeo, i dem avevano trovato una mediazione per evitare di ripetere la spaccatura andata in scena tra  Bruxelles e Strasburgo, votando la propria risoluzione in cui si chiedeva una "radicale revisione" del piano europeo. Mentre Schlein (che ieri ha avuto un lungo colloquio alla Camera con Bonelli e Fratoianni) continua a dire "sì alla difesa europea, no al riarmo dei singoli stati". Una posizione che per ora tiene insieme la truppa democratica ma che prima o poi andrà davvero chiarita e declinata nel merito. Nel frattempo, spiegava ieri Giuseppe Provenzano, responsabile esteri del Pd, la soluzione potrebbe essere astenersi sulla mozione del M5s e presentarne una che ricalca quella già portata in Aula poche settimane fa.  Avs intanto ha salutato positivamente l'iniziativa di Giuseppe Conte, annunciando a sua volta la presentazione di una propria mozione che va grossomodo nella stessa direzione di quella M5s: "Aumentare le spese nazionali in Europa di 800 miliardi per armamenti è una follia", affermano. "Significa sottrarre risorse decisive alla spesa sociale, alle politiche industriali della transizione ecologica, all'istruzione e alla ricerca scientifica". Sempre nel campo dell'opposizione, ma di tutt'altro segno, sarà la mozione di Carlo Calenda che vuole invece chiedere al governo di impegnarsi per ReArm Europe.

Cosa sappiamo dei dazi al 25 per cento sulle automobili annunciati da Trump
6 ore fa | Gio 27 Mar 2025 07:22

Il presidente Donald Trump ha annunciato l'intenzione di imporre un dazio del 25% sulle automobili e sui componenti importati, scommettendo sul fatto che i consumatori accetteranno prezzi più alti oggi in cambio della promessa di riportare in futuro posti di lavoro nel settore manifatturiero. Parlando dallo Studio Ovale, ieri Trump ha spiegato che questa misura mira a incentivare il ritorno dell’industria automobilistica negli Stati Uniti, prevedendo una “crescita enorme” del settore e un significativo aumento del gettito fiscale per il Tesoro americano. “Di fatto applicheremo un dazio del 25%. Ma se producete la vostra auto negli Stati Uniti, non pagherete alcun dazio”, ha dichiarato ai giornalisti. Secondo la Casa Bianca, i veicoli che soddisfano i requisiti di esenzione previsti dall’accordo commerciale tra Stati Uniti, Messico e Canada saranno tassati solo sulla parte dei componenti non di origine statunitense. L’imposizione dei nuovi dazi sulle importazioni inizierà dopo la mezzanotte del 2 aprile. La Casa Bianca ha chiarito che il nuovo dazio si sommerà a quello già esistente del 2,5%, portando il totale al 27,5%, e ha giustificato la misura come risposta a una “minaccia critica alla sicurezza nazionale”. L’annuncio di Trump è l’ultimo di una serie di interventi sul commercio da quando ha iniziato il suo secondo mandato, due mesi fa. Dopo il suo ritorno alla Casa Bianca, ha già alzato i dazi sulle importazioni di acciaio e alluminio e su vari beni provenienti da Cina, Canada e Messico. Martedì è atteso l’annuncio di un “dazio reciproco”, pensato per far salire le imposte sulle importazioni statunitensi fino a renderle equivalenti a quelle imposte dagli altri paesi sui prodotti americani. Questa misura segnerebbe forse la più netta rottura con la tradizionale politica commerciale degli ultimi decenni. Cercando di rassicurare i mercati, Trump ha dichiarato ieri che molti rimarranno “sorpresi” da quanto i dazi saranno in realtà “clementi”. “Stiamo cercando di mantenere un approccio piuttosto conservativo”, ha aggiunto. L’inasprimento dei dazi sulle auto importate rappresenta una sfida diretta a un’industria ormai fortemente integrata nei flussi commerciali globali. Secondo il Census Bureau, lo scorso anno le importazioni di automobili, componenti e motori hanno toccato il record di 474,3 miliardi di dollari. I veicoli venduti negli Stati Uniti con i marchi GM, Ford o Stellantis dipendono da catene di approvvigionamento che attraversano ripetutamente i confini con Messico e Canada e che utilizzano componenti provenienti dall’Europa e dall’Asia. La Casa Bianca sostiene che l’industria nazionale sia stata indebolita dal fatto che circa la metà dei 16 milioni di veicoli acquistati lo scorso anno siano stati prodotti fuori dagli Stati Uniti. Trump ha invocato i poteri conferitigli dalla “Sezione 232” della legge commerciale del 1962 per giustificare l’imposizione dei dazi. “La nostra industria automobilistica è stata un pilastro dell’arsenale democratico americano che ha contribuito a vincere la Seconda Guerra Mondiale”, ha dichiarato Peter Navarro, consigliere della Casa Bianca per il commercio e la produzione. “All’epoca eravamo una nazione manifatturiera che produceva automobili, non un semplice assemblatore di pezzi stranieri. Ma il commercio sleale ha trasformato l’America in un’industria di assemblaggio a basso costo che ora minaccia la nostra sicurezza nazionale”. La proposta di Trump ha ricevuto il plauso di Shawn Fain, presidente del sindacato United Auto Workers, che l’ha definita “un passo importante nella giusta direzione per i lavoratori del settore e le comunità operaie”. Molte associazioni imprenditoriali, però, si sono opposte. Il National Foreign Trade Council, che rappresenta le multinazionali, ha avvertito che i dazi causeranno “danni irreparabili all’industria automobilistica”. Questo provvedimento dimostra che Trump è disposto a correre rischi politici ancora maggiori rispetto alla sua prima presidenza in ambito commerciale. Con il prezzo medio di un’auto nuova vicino ai 50.000 dollari, i nuovi dazi potrebbero aggiungere più di 10.000 dollari a un acquisto già impegnativo per molte famiglie americane, secondo le stime delle associazioni di settore. Questo ulteriore aumento dei costi potrebbe pesare sui consumatori, già provati dall’inflazione dopo i rincari dell’economia post-pandemia. “Questa sarà un’altra prova di come i dazi colpiscano i prodotti di largo consumo”, ha osservato Chad Bown, economista del Peterson Institute for International Economics. Trump ha definito l’annuncio “molto modesto”. Tuttavia, la sua insistenza nel voler riportare le linee di produzione all’interno degli Stati Uniti rischia di sconvolgere un settore che impiega oltre 3 milioni di americani tra fabbriche, concessionarie e magazzini. A Wall Street, le azioni di General Motors e Stellantis hanno perso oltre il 3%, mentre Ford è rimasta quasi stabile. All’inizio del mese, Trump aveva concesso alle case automobilistiche una tregua, esentando temporaneamente la produzione degli stabilimenti messicani e canadesi dai dazi su altri beni provenienti dai due Paesi. La decisione era arrivata dopo le pressioni degli amministratori delegati delle tre grandi aziende automobilistiche statunitensi. Il presidente si aspettava che le aziende iniziassero a spostare la produzione negli Stati Uniti durante questa breve tregua, ha dichiarato Karoline Leavitt, portavoce della Casa Bianca. “Ha detto loro di darsi una mossa, di cominciare a investire e a riportare la produzione in America, dove non dovranno pagare dazi. Questo è l’obiettivo finale”, ha spiegato Leavitt ai giornalisti. Ma non sarà un processo semplice. Per decenni, i governi di entrambi gli schieramenti hanno spinto i produttori a costruire catene di approvvigionamento basate su efficienza e costi ridotti. Riorganizzare queste reti produttive richiederà anni, miliardi di dollari e potrebbe raggiungere gli obiettivi del presidente solo a scapito di altri. “Ora si chiede alle aziende di stravolgere un sistema che già offre il miglior rapporto tra prezzo, qualità e tempi di consegna. Il risultato potrebbe essere auto peggiori di quelle attuali”, ha commentato William Reinsch, esperto di commercio al Center for Strategic and International Studies. Anche il guadagno occupazionale derivante da questo rientro della produzione potrebbe essere inferiore alle attese. Grazie ai progressi tecnologici, le fabbriche di componenti automobilistici sono oggi molto più automatizzate rispetto agli anni ’90, quando l’outsourcing era al suo apice. Ciò significa che le nuove fabbriche avranno bisogno di meno lavoratori rispetto al passato. E il rialzo dei prezzi potrebbe colpire direttamente il mercato delle auto nuove. “I dazi renderanno più costoso produrre e vendere automobili negli Stati Uniti, portando a prezzi più alti, meno scelta per i consumatori e meno posti di lavoro nel settore manifatturiero”, ha avvertito Jennifer Safavian, ceo di Autos Drive America. Trump ha anche dichiarato mercoledì che potrebbe ridurre i dazi sulle importazioni cinesi se Pechino accettasse di favorire la vendita di TikTok a un’azienda statunitense.   David J. Lynch © Washington Post Mary Beth Sheridan in Mexico City and Amanda Coletta in Toronto contributed to this report

La debolezza italiana con la lobby cinese
8 ore fa | Gio 27 Mar 2025 05:08

Sta andando avanti l’inchiesta sulla possibile corruzione che il gigante tecnologico cinese Huawei ha esercitato sulle istituzioni europee. Secondo... Contenuto a pagamento - Accedi al sito per abbonarti

Amalberto (Confindustria Piemonte): “Preoccupati dai dazi. Meloni lavori con l'Ue"
8 ore fa | Gio 27 Mar 2025 05:00

“Siamo preoccupati e spaventati per l’imposizione di dazi. Spero che almeno adesso ci possa essere un moto d’orgoglio e di compattezza da parte dell’Europa. Che deve svegliarsi e rispondere... Contenuto a pagamento - Accedi al sito per abbonarti

L'imprenditore Giulio Muttoni assolto dopo dieci anni: è stato intercettato 30 mila volte
8 ore fa | Gio 27 Mar 2025 05:00

A meno di 24 ore di distanza dalla sanzi... Contenuto a pagamento - Accedi al sito per abbonarti

La “reciprocità” al rialzo di Trump
8 ore fa | Gio 27 Mar 2025 05:00

La notizia buona, anticipata ieri dal Wall Street Journal, è che Donald Trump sta pensando a dazi più contenuti rispetto a quanto aveva previ... Contenuto a pagamento - Accedi al sito per abbonarti

Moratti (FI): “L’Ue risponda unita ai dazi di Trump. Sì al Mercosur. Salvini? La politica estera non spetta a lui”
8 ore fa | Gio 27 Mar 2025 05:00

Non è il momento delle timidezze. “In questa fase, con un presidente come Donald Trump, l’Europa deve rispondere in maniera unitaria sotto il profilo economico, dei dazi, e sotto quello del... Contenuto a pagamento - Accedi al sito per abbonarti

Echi del glam più solare e del nostro cantautorato: voler bene a Lucio Corsi e al suo nuovo album
8 ore fa | Gio 27 Mar 2025 05:00

L’avvento improvviso di Lucio Corsi all’attenzione del grande pubblico italiano a bordo del veicolo Sanremo – un blitz che chiude... Contenuto a pagamento - Accedi al sito per abbonarti

Sul caso Almasri Nordio incassa la fiducia. Calenda: “Il voto rafforza il governo”
8 ore fa | Gio 27 Mar 2025 05:00

Dopo circa due mesi dalla notizia dell’arresto e del successivo rimpatrio del generale libico Osama Elmasry Njeem Almasri, ieri la Camera ha respinto la mozione di sfiducia nei confronti del minist... Contenuto a pagamento - Accedi al sito per abbonarti

Turco (M5s) frena su Decaro in Puglia: “E’ ancora presto, prima i temi. Il Pd non pensi solo al totonomi”
8 ore fa | Gio 27 Mar 2025 05:00

Decaro? “Non è ancora il momento dei nomi. Allo stato attuale riteniamo che si debba parlare dei contenuti. Vale per le città, per la Puglia, sempre. Poi viene tutto il resto”. Il senatore Mario Tu... Contenuto a pagamento - Accedi al sito per abbonarti

Schlein stoppa Franceschini il "mammo" e dice: "Ci vuole fregare". Il Pd ride: "Serve per perpetuare la dinastia"
8 ore fa | Gio 27 Mar 2025 05:00

Essere Franceschini: se non puoi far cadere un governo fai tremare l’anagrafe.

Israele nell’abbraccio delle destre estreme
8 ore fa | Gio 27 Mar 2025 05:00

Alla Conferenza annuale per combattere l’antisemitismo, il ministro per gli Affari della diaspora, Amichai Chikli, ha invitato dei politici che mai erano stati inclusi tra gli ospiti o i relatori d... Contenuto a pagamento - Accedi al sito per abbonarti

I cerotti di Londra: ecco il piano da 14 miliardi per far fronte al rallentamento dell'economia
8 ore fa | Gio 27 Mar 2025 05:00

I dazi di Trump affossano le prospettive di crescita britannica e la cancelliera dello scacchiere Rachel Reeves non può fare al... Contenuto a pagamento - Accedi al sito per abbonarti

Chiamare le cose con il loro nome di fronte alle minacce di Trump e Putin
8 ore fa | Gio 27 Mar 2025 05:00

Chiamare le cose con il loro nome, in politica, non è solo un esercizio di stile, o almeno non dovrebbe esserlo, ma è un modo concreto per dimostrare, anche a se stessi, di essere in grado di compr... Contenuto a pagamento - Accedi al sito per abbonarti

“Per l’occidente, liberiamo Sansal”. Intervista a Robert Redeker
8 ore fa | Gio 27 Mar 2025 05:00

“Penso che si possa parlare di una sconfitta globale, o quantomeno, di un profondo esaurimento del pensiero e dei sistemi politici illuministi che hanno strutturato il mondo negli ultimi secoli”. D... Contenuto a pagamento - Accedi al sito per abbonarti

Istruzioni per il caso Goldberg: quando tutti hanno un sospetto, meglio dormire tranquilli
8 ore fa | Gio 27 Mar 2025 05:00

Il caso Gol... Contenuto a pagamento - Accedi al sito per abbonarti

Cosa dicono i social di oggi sulle elezioni del futuro: ricerca
8 ore fa | Gio 27 Mar 2025 05:00

Se si votasse solo sui social, Giorgia Meloni vincerebbe le elezioni senza bisogno di alleati. E’ questo il verdetto implicito che emerge dall’ultima analisi condotta da Socialcom con la piattaforma Socialdata, in esclusiva per il Foglio AI. Una ricerca che ha osservato, per un anno intero, l’andamento digitale dei principali leader politici italiani, incrociando follower, like, sentiment e parole chiave. Un monitoraggio costante di ciò che avviene sui profili, dentro le community, nel cuore dell’algoritmo. E a guidare la classifica, senza rivali, è proprio la premier. Oltre due milioni e mezzo di nuovi follower in dodici mesi, distribuiti fra Instagram (+1 milione), TikTok (+800 mila) e X (+500 mila). Nessun altro leader cresce con la stessa velocità, e nessuno con lo stesso equilibrio su piattaforme così diverse tra loro. Non è solo popolarità: è architettura della presenza. Meloni non è dappertutto, è dove serve. E soprattutto dice quello che chi la segue si aspetta: orgoglio nazionale, istituzioni forti, sicurezza, determinazione. Una grammatica coerente, semplice, virale, che sa parlare alla pancia degli elettori. Eppure, la crescita non si accompagna solo a consensi. Meloni è anche il personaggio con il più alto volume di sentiment negativo. E’ la più amata e la più discussa. E’ il centro, e come ogni centro politico che governa, polarizza. Subito dietro, non in termini di crescita ma di apprezzamento espresso, c’è Matteo Salvini, che si conferma campione assoluto di like su Instagram: 37 milioni in un anno, contro i 35 della presidente del Consiglio. Il leader della Lega funziona ancora dove si fa vedere, ma la sua traiettoria è ormai quella di una popolarità in decrescita costante, che vive di affezione ma fatica a rinnovarsi. Su Facebook è ancora forte, ma il social è in flessione per tutti, e Salvini lo sa: il suo stile diretto, semplificato, oggi corre più rischi che vantaggi. La velocità dei cambiamenti digitali e il bisogno di un continuo rinnovamento nei contenuti sembrano giocare contro la sua capacità di mantenere alta l’attenzione. Il caso più interessante è quello di Antonio Tajani: non è il più seguito, non è il più cliccato, ma è il più apprezzato. Il sentiment positivo nei suoi confronti è il più alto fra tutti i leader. L’effetto istituzionale, pacato, rassicurante, ha un suo pubblico digitale che, pur non esplodendo in numeri da TikTok, mantiene coerenza e fiducia.  E se anche non basta a vincere un’elezione vera, è un segnale. Perché l’elettorato moderato digitale, silenzioso e poco incline alla viralità, esiste. E apprezza. Elly Schlein vive una crescita discreta su Instagram e Facebook, ma resta fragile su TikTok e X. Il suo racconto d’opposizione – tutto centrato su diritti, sanità, dimensione collettiva – funziona nelle bolle che già l’ascoltano, ma fatica a rompere le camere dell’eco. La parola chiave che più ricorre nei suoi post è “piazza”.  Il suo pubblico c’è, è militante, ma non è ancora virale. Il salto dalla mobilitazione alla popolarità resta da compiere, e la sfida sarà riuscire a trasmettere quel messaggio a chi ancora non è dentro la sua “bolla”. Giuseppe Conte, invece, è il grande regredente. Perde follower su Facebook e Instagram, e non compensa altrove. Parla di armi, spese militari, tagli alla sanità, e invoca il rapporto diretto con i cittadini. Ma sembra parlare a un pubblico che si è in parte spostato altrove, verso nuovi spazi politici e nuove figure. La sua lingua non si aggiorna, il tono non sorprende più, e l’algoritmo lo spinge meno. Nonostante sia stato un leader di grande impatto durante la pandemia, ora la sua posizione sembra più debole e distaccata dalla realtà digitale, che cambia rapidamente. Un segnale che forse la politica tradizionale, così come la conoscevamo, sta incontrando difficoltà nell’adattarsi ai nuovi tempi. Gli outsider – Renzi, Calenda, Fratoianni – si ritagliano spazi di battaglia ben definiti. Renzi resta centrato su Europa e Stati Uniti d’Europa, con Meloni e Salvini come bersagli. Calenda affina la sua estetica del confronto: parlare, discutere, scrivete. Fratoianni insiste sul fronte identitario e sulle battaglie simboliche della sinistra più radicale. Tutti presenti, ma nessuno espansivo. Le loro voci trovano un pubblico di nicchia, ma non sono riusciti a sfondare il muro della popolarità virale. E poi c’è lei, l’intelligenza artificiale. Non solo come strumento d’analisi, ma come attore. “L’analisi dei dati social, supportata dall’intelligenza artificiale, non è solo uno strumento di osservazione”, dice Luca Ferlaino, fondatore di Socialcom. “E’ una bussola predittiva per comprendere l’evoluzione del consenso. La crescita dei follower, l’engagement e il sentiment non sono metriche astratte, ma segnali concreti di tendenza, percezione e potenziale elettorale”. In altri termini, chi domina i social oggi non sta solo facendo comunicazione: sta costruendo – nel bene e nel male – la sua prossima campagna. Ed è proprio questo il punto. Non si tratta di ridurre la politica a una sfida di click, ma di leggere la realtà con gli strumenti che la realtà stessa ha scelto. La politica oggi è una narrazione continua, e i social sono il luogo dove quella narrazione viene accolta, modificata, rilanciata. Chi non ci sa stare, semplicemente scompare. O viene spinto in fondo al feed. Se si votasse domani, e si votasse solo con le dita, nei like e nei follow, la premier avrebbe già vinto. Salvini applaudito, Tajani stimato, Schlein ascoltata, ma ancora lontana. Conte in ritirata, gli altri in cerca d’autore. E l’AI, intanto, osserva. Anzi: anticipa.

L’Ue non cede e a revocare le sanzioni alla Russia non ci sta
8 ore fa | Gio 27 Mar 2025 05:00

Secondo Janis Kluge, economista esperto di Russia e membro dell’istituto Swp di Berlino, l’arte russa dell’accordo segue uno schema preciso e ripetitivo: presentare  richieste... Contenuto a pagamento - Accedi al sito per abbonarti

Quattro pagine del Codice Atlantico di Leonardo da Vinci vanno a Osaka
8 ore fa | Gio 27 Mar 2025 04:59

Con il “Codice da Vinci” si vince facile e si va lontano. Il comune, d’accordo con il Comitato Expo, ha puntato la sua fiche sul “brand Leonardo” per conquistarsi, grazie alla collaborazione con l’... Contenuto a pagamento - Accedi al sito per abbonarti